Per un giovane siciliano che si accinge a scoprire la realtà e la vita con l’urgenza di rappresentarla c’è un duplice rischio che dipende dalle condizioni socio-culturali: quello, cioè di uniformarsi al linguaggio dell’avanguardia, magari conosciuto tramite riviste d’arte o di saggi ricchi di apparati iconografici di opere di questi ultimi decenni, con una seducente estraneazione rispetto a quanto percepisce; oppure quello di ripercorrere idee e immagini già consumate di una Sicilia che non c’è più o che comunque è marginale.
Giovanni ludice non è caduto in questi due tranelli e, usando la matita e il disegno, affronta la realta in modo autentico, cogliendo della vita siciliana il dato dell’omologazione al villaggio globale in cui viviamo. I suoi soggetti riflettono una condizione piccolo borghese e proletaria, colta prevalentemente in interni semplici ed anonimi, con armadietti pensili, un tavolo, ambienti cucina, corridoi con porte aperte verso il bagno o la camera da letto, o salotto, con attente graduazioni di luce che satura una stanza o si diffonde da una lampada. In questi spazi qualcuno prepara da mangiare, qualcuno legge un libro, o resta seduto in un momento di riposo. Vi sono anche interni in cui i soggetti sono i piatti e le pentole in un lavandino o i tubi dell’acqua che attraversano la parete. Il ritratto o i nudi femminili sono parte di questa realtà. Quella gente che è ripresa in interno ludice la ritrova anche in spiaggia. E questa la Sicilia di oggi, una realtà che si potrebbe confondere e scambiare con qualsiasi realtà piccolo borghese dell’area mediterranea che ludice fissa con penetrante efficacia e con esiti spesso poetici. Si considerino Interno con ritratto di Francesco n. 1 e n. 2 in cui troviamo due spazi spogli e poveri animati da un ragazzo ritratto con notevole intensità espressiva.
Difronte a questi disegni si pensa subito alla fotografia, e sicuramente il confronto con l’immagine fotografica è consapevolmente cercato da ludice. Ma ciò è irrilevante ai fini del risultato, in quanto, come direbbe Sciascia, sono immagini su cui è passata la poesia, e quanto potrebbe risultare riproduzione diventa opera emblematica, in sè autonoma, conclusa, che si ha il piacere di rivedere più e più volte. Non c’è dubbio che si evidenzia l’abilità, la bravura del disegno che ad onta di tanto spontaneismo è sengale di un ordine mentale e di un rigore formale. Ma non c’è solo l’abilità in ludice. L’abilità è un mezzo, non è un fine. C’è, invece, una capacità non comune di osservazione e di resa dello spazio, della luce, del corpo, degli oggetti, un’attenzione alla materia come sostanza delle cose: dai neri ai grigi ai bianchi la gamma della luce è tale che può considerarsi completa, in una sintesi che è percettiva e come tale avvertita come forma piena. Serve poco fare raffronti con opere di altri artisti sul versante del realismo, categoria alquanto ambigua e spesso inadeguata. ludice consapevolmente o inconsapevolmente è in questo versante con lo specificodi uno stile e di una realtà visiva inedita.
Dal Catalogo Giovanni Iudice
Galleria Studio Nuova Figurazione, Ragusa 1994.