Giuseppe Iannaccone

Spiagge incontaminate e bianchissime, mare azzurro dai toni mpeccabili, in cui i tratti del pennello la fanno da protagonisti. Così, una decina di anni fa, i critici descrivevano le spiagge di Giovanni Iudice di cui mi innamorai. Non mi colpì soltanto
la sua indiscussa capacità tecnica, ma il fatto che ogni suo dipinto mi trasmettesse emozioni, mi ricordasse il mio sud. Poi qualcosa nella sua Sicilia cambiò e questa nuova realtà modificò per sempre il suo modo di vedere le spiagge. I dettagli certosini diventano un fatto secondario, così come diventa meno importante dipingere il mare per lasciare spazio ai volti di uomini, donne e bambini affacciati dai finestrini delle navi arrugginite. Non è la narrazione che interessa a Giovanni, ma mettere lo spettatore di fronte a una questione culturalmente e storicamente importante come la vita di migranti e di clandestini. Prendete Umanità.
Ho avuto la fortuna di vederla in anteprima, ricordo l’emozione nel sentirmi rapito da ogni pennellata e tormentato da mille punti interrogativi. Quegli uomini, impauriti e stanchi, poggiano i loro
corpi su una spiaggia che vorrei non somigliasse a nessuna spiaggia di questa terra. Grumi di colore rosso segnano impronte che sembrano uscire dalla tela, se chiudo gli occhi riesco quasi a sentirne l’odore.
Nonostante la quantità di personaggi, nessuno sembra accorgersi della presenza altrui tranne un cane che, con occhi rassegnati, osserva da
un angolo la scena.
Il silenzio regna in questa atmosfera di solitudine,
la stessa che ritrovo nelle spiagge di Giovanni anche se i protagonisti in quel caso sono bagnanti; forse il senso di solitudine lo si ha anche se non si
è clandestini. Sento che quel bambino, dalle proporzioni volutamente innaturali, è il simbolo della speranza per un mondo dove i colori nero e verde non sono sinonimo del colore della pelle e di appartenenza politica, ma segno di uguaglianza dove verrà data voce a chi voce non ce l’ha.

Dal Catalogo L’Arte non è cosa nostra
Biennale di Venezia,
padiglione Italia, 2011. Edizioni Skira